«Ho faticato persino a far votare i miei parenti. Proprio non ne volevano sapere di Marchini…»
Con brutale sincerità, Altero Matteoli dà la sua lettura del voto: «Berlusconi su Roma deve intonare il mea culpa. Se avessimo tenuto unito il centrodestra, le elezioni potevano andare molto meglio. Purtroppo, la Capitale ha trainato in negativo anche il resto d’Italia».
Ma come? Non era necessario dare uno lezione o quei due birichini di Salvini e Meloni?
«La lezione l’hanno data a noi. Perché nella Capitale abbiamo preso il 4,2% così per la prima volta nella storia Forza Italia ha solo un consigliere eletto. Con l’Msi ne prendevamo addirittura 6 o 7. Ieri, invece ho faticato persino a mandare ai seggi i miei familiari, che non volevano saperne di votare Marchini. Dicevano che era un voto sprecato. Toti, Gasparri, Romani e io abbiamo insistito fino all’ultimo perché non si rompesse l’opposizione. La Meloni non avrebbe vinto, ma il Pd non sarebbe andato al ballottaggio».
Berlusconi ha perso il tocco magico? Il suo nome un tempo non bastava a raccogliere d 10 per cento?
«Non è più così. Lui ha grandi meriti, ma ora serve un partito: siamo allo sbando, non ci sono neanche più sedi».
E come si rimettono insieme cocci?
«C’è un solo modo: riunire gli organi di Forza Italia e iniziare a ragionare di futuro. Basta con le decisioni calate dall’alto».
Un futuro con Salvini come leader? Lui sostiene d’aver vinto la sfida con il Cavaliere.
«Ma dove ha vinto? Dove è andato con noi al ballottaggio: a Bologna e Ravenna aveva candidati suoi, però si presentava assieme a Forza Italia».
Non vede all’orizzonte una coalizione di tipo lepenista?
«No. Il modello deve essere quello di Milano, dove siamo stati capaci di mettere insieme tutti. Anche Passera e Lupi. Dobbiamo lavorare per questo, cercando di recuperare chi è andato via. Purtroppo, il nostro declino è cominciato quando Forza Italia ha iniziato a seguire il lepenismo di Salvini e della Meloni. Con loro, però, non si vincerà mai. Si vince solo se FI torna a essere il partito più forte che si aggrega a loro».
A guardare le percentuali di FI, ci vuole un miracolo.
«No. C’è una sola cosa che condivido nella nota auto-assolutoria Berlusconi: gli elettori ci premiano quando andiamo uniti».
Con i candidati giusti.
«Con candidati politici. Quando si gioca a calcio ci vogliono i giocatori di calcio e in politica ci vogliono i politici. Berlusconi si guarda allo specchio e pensa di ripetere l’exploit del ’94. Ma di Silvio ne nasce uno ogni cent’anni».
Come la mette con Parisi?
«E’ l’eccezione che conferma la regola. Anche Sala, del resto è un esponente della società civile».
Pensa che Parisi possa essere il candidato alla leadership alle prossime politiche?
«E’ presto per parlarne».
Intanto, Meloni e Salvini sospettano che Berlusconi abbia stretto un patto sotto banco con Renzi a Roma per far arrivare Giachetti al ballottaggio.
«Questo è un falso, falso, falso. Il doppio gioco l’hanno fatto loro: Meloni prima ha detto sì a Bertolaso, poi ha deciso di presentarsi».
Non c’è il rischio che il conflitto con gli alleati non rischia di danneggiare la corsa di Parisi? Pensa che potrebbe vedere compromessa la sfida a causa del fuoco amico?
«Parisi è stato capace di unire tutti prima, non vedo perché non lo possa fare al ballottaggio».
Stavolta Berlusconi deve salire sul palco con gli altri leader?
«Deciderà lui. Sono convinto che la nostra crisi è iniziata a Bologna, quando il Cavaliere è salito su un palco non suo. Li voglio rivedere tutti e tre sullo stesso palco quando è Forza Italia a organizzare la manifestazione».
Antonella Coppari